
La bufala della privacy avanzata su WhatsApp: cosa sta succedendo(www.onetechstop.net)
Nelle ultime settimane si è diffuso in modo virale su WhatsApp e altri social network un allarme riguardante la “privacy avanzata”.
Il messaggio virale, partito da un post datato 22 luglio e rilanciato su Facebook, WhatsApp e altri canali social, ha creato allarme tra gli utenti invitando gli amministratori dei gruppi a “attivare immediatamente le impostazioni avanzate sulla privacy delle chat”, pena la possibilità che le AI “accedano legalmente a tutti i messaggi, ai numeri di telefono e persino ai dati personali memorizzati sui telefoni”, comprese le chat private 1 a 1. In realtà, come riportato da Facta e altre piattaforme di fact-checking, questa affermazione è completamente infondata.
Nonostante la funzione Privacy Avanzata esista realmente all’interno di WhatsApp, essa non ha nulla a che vedere con la protezione dai rischi legati all’accesso di Meta AI ai dati privati degli utenti. La funzione serve a limitare alcune azioni degli utenti non amministratori all’interno dei gruppi, come ad esempio impedire l’esportazione delle chat, il download automatico di file multimediali o la possibilità di richiamare il chatbot Meta AI all’interno della conversazione stessa.
Come funziona realmente la privacy avanzata di WhatsApp e cosa protegge
Le chat private di WhatsApp sono protette da crittografia end-to-end, caratteristica che garantisce che solo mittente e destinatario possano leggere i messaggi scambiati. Né WhatsApp né Meta AI possono accedere al contenuto delle conversazioni, neanche in presenza della funzione privacy avanzata. Questa tecnologia di crittografia rende impossibile per terzi, inclusa l’intelligenza artificiale, leggere o elaborare direttamente i messaggi privati.
La Privacy Avanzata si focalizza esclusivamente sulla prevenzione della diffusione dei contenuti all’interno dei gruppi, impedendo ad esempio agli utenti di esportare le chat o scaricare foto, video e altri file multimediali scambiati nel gruppo. Questa misura è particolarmente utile nei gruppi numerosi, dove la condivisione incontrollata di informazioni e contenuti può rappresentare un rischio per la riservatezza.
Un altro aspetto importante è che, in assenza della privacy avanzata, gli amministratori e gli utenti possono usare il chatbot Meta AI per interagire all’interno del gruppo, come ad esempio richiedere un riepilogo dei messaggi non letti. Tuttavia, anche in questo caso, i dati sensibili restano protetti grazie a una tecnologia chiamata Elaborazione Privata, che consente a Meta AI di operare senza che i messaggi vengano letti o memorizzati da Meta o da terzi.

Nonostante la confusione generata dalla catena di Sant’Antonio su WhatsApp, è importante sottolineare che Meta AI non ha accesso ai contenuti delle chat private, né può recuperare dati personali memorizzati sui telefoni. Il chatbot può utilizzare solo dati pubblici disponibili su Facebook e Instagram, come post, commenti, storie e preferenze, ma solo se l’utente non ha esercitato il diritto di opposizione all’uso dei propri dati per l’addestramento dell’intelligenza artificiale.
Per quanto riguarda WhatsApp, l’azienda non può accedere ai messaggi scambiati grazie alla crittografia end-to-end. La funzione di riepilogo dei messaggi generata da Meta AI, attualmente disponibile solo in alcune aree geografiche e per utenti anglofoni, consente di sintetizzare conversazioni lunghe senza che Meta o altri soggetti possano leggere il contenuto di tali messaggi.
In sintesi, l’allarme sulla necessità di attivare la privacy avanzata per evitare che Meta AI acceda ai messaggi è una fake news priva di fondamento. L’attivazione di questa funzione può comunque essere utile per aumentare la sicurezza e il controllo all’interno dei gruppi WhatsApp, ma non protegge da un rischio inesistente di accesso illecito da parte dell’intelligenza artificiale.